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Gilis - La fanciulla di nove anni
pubblicata da Edizioni Orientamento - Al Qibla il giorno Sabato 28 gennaio 2012 alle ore 14.41 ·
Lo studio di Gilis sulla Fanciulla di nove anni prende spunto da un’intuizione di Michel Vâlsan (nell’Islâm Mustafâ ‘Abdu l-‘Azîz), che comprese la strettissima analogia esistente tra due visioni: da una parte, quella riportata nelle prime pagine della Vita nova, in cui Dante vede apparire nella propria camera “uno segnore di pauroso aspetto” che afferma di esserne il dominus, e che tiene in braccio Beatrice, nella figura di una “persona” che dormiva “nuda” e avvolta “in uno drappo sanguigno leggermente”; dall’altra, quella riportata nel Sahîh di Al-Bukhârî in cui l’Angelo mostra al Profeta Muhammad - su di lui la preghiera e la pace divine - la giovanissima ‘A'isha avvolta “in un drappo di seta (fî saraqatin min harîr)”, e gli dice: “Questa è tua moglie: scoprila.” Partendo da questo, e svelato il carattere non certo casuale di tale coincidenza, Charles-André Gilis (‘Abdu r-Razzâq Yahyâ nell’Islâm) sviluppa nel presente testo un’argomentazione che fa intervenire, a sicura prova di come la ‘fanciulla di nove anni’ possa simboleggiare una Teofania essenziale, un terzo elemento, dopo quello islamico e quello dantesco: si tratta della grande Dea del Tantrismo, conosciuta esteriormente con il nome di Lalitâ, ‘Colei che gioca’, e accomunata alle figure di ‘A'isha e di Beatrice tra l’altro anche dalla giovanissima età.
Il volume è corredato da uno studio del medesimo autore sul simbolismo relativo alla denominazione di Zolfo Rosso, attribuita nell’esoterismo islamico ad Ibn ‘Arabî (studio apparso in Francia assieme a quello sulla Fanciulla in un’unica pubblicazione nel 2006, e ad esso collegato da diversi punti di vista), e da una Postfazione dell’editore italiano (nella quale si sviluppano alcune delle deduzioni che si possono trarre da quest’opera di Gilis, in particolare a proposito dell’origine ‘muhammadiana’ dall’influenza spirituale veicolata da Dante).
‘Abdu r-Razzâq Yahyâ (Charles-André Gilis):
La fanciulla di nove anni - (comprensivo di uno studio del medesimo autore sullo Zolfo Rosso e di una Postfazione dell'editore italiano)
Campegine (RE) Gennaio 2012, Edizioni Orientamento/Al-Qibla,
127 pagg., euro 13,20
ISBN 978-88-89795-14-9
Per ordini ed informazioni: [email protected]
www.edizioniorientamento.it/Ordini%20e%20Informazioni.htm/. -
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Considerazioni Sull’Assoluto
Commento breve alla Trentina della Dea Suprema – Parātriṃśikālaghuvṛtti (Anuttaratattvavimarśinī)
Autore/i: Abhinavagupta
Editore: Luni
introduzione, traduzione e note di Raniero Gnoli. pp. 100, Milano Prezzo: € 11,90
La Parātriṃśikā (Trentina della Suprema) o Parātrīśikā (Suprema Signora delle tre, o dei tre), come vuole il grande Abhinavagupta, è il testo più autorevole della scuola śivaita del Trika o della Triade, che venerava una suprema divinità (Śiva) allo stesso tempo trascendente e immanente in tutte le cose, chiamata «Senza superiore».
L’opera, che già nel IX-X secolo era uno dei testi śivaiti più venerati e studiati, si presenta come un dialogo fra la Dea, Śakti, o Potenza di Śiva, che interroga, e Bhairava – Śiva nella sua forma tremenda – che risponde. Il Signore e la sua Potenza, tuttavia, non sono due realtà distinte e a sé stanti, ma due dimensioni complementari e indissolubili di una medesima realtà. Essi rappresentano rispettivamente la stasi e il movimento, l’immobilità e il dinamismo, che nella dottrina śivaita costituiscono l’essenza della Coscienza e, dunque, la natura di tutte le cose, che si esprime nel vario gioco delle infinite creazioni e dissoluzioni.
Il lettore occidentale sarà forse colpito dalla particolare cosmogonia rappresentata nella Parātriṃśikā, dove ogni principio della realtà è ricondotto a uno dei fenomeni che compongono l’alfabeto sanscrito. Inoltre, e il commento breve di Abhinavagupta lo mette chiaramente in luce, un altro aspetto interessante di quest’opera è l’importanza attribuita all’interiorizzazione del rito. Nella Triade, infatti, esso ha una sussistenza soprattutto interiore: la vera iniziazione, la vera offerta al fuoco, il vero yoga, la vera meditazione, sono fatti interiori, che il discepolo deve nel corso della sua vita incessantemente ricreare dentro di sé.
Vissuto in Kashmir tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo d.C., Abhinavagupta divenne uno dei rappresentanti più insigni del tantrismo śivaita. Uomo di vastissima cultura, fu mistico, filosofo, rétore e grammatico, come dimostra la sua ampia produzione letteraria.
Abhinavagupta fu certamente uno dei più brillanti pensatori dell’India e tra le sue opere, di cui alcune perdute, possiamo ricordare i commenti alle Stanze del riconoscimento, alla Parātriṃśikā, al Mālinījaya e Tantrāloka, allo Dhvanyāloka e al Nāṭvaśāstra.
Raniero Gnoli, allievo di Giuseppe Tucci, è dal 1964 professore ordinario di indologia all’Università degli Studi di Roma «La Sapienza». La sua attività di studioso si è svolta principalmente in quattro campi, la critica teatrale e il pensiero estetico dell’India, le scuole gnostiche (tantriche) indiane, con particolare riguardo allo Śivaismo kashmiro, il Buddhismo, l’epigrafia, l’archeologia e la storia dell’arte. Ha tradotto e commentato diverse opere di Abhinavagupta tra cui ricordiamo Essenza dei Tantra, Luce delle sacre scritture, Commento alla Bhagavad Gītā e inoltre alcuni testi sul Buddhismo: Testi buddhisti in sanscrito, e in collaborazione con G. Orofino, Nāropā, Iniziazione: Kālacakra.. -
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www.hyoomik.com/miscellenea/sanskrit.eht
a volte capita un'espressione sanscrita di cui, di primo acchito non si conosce il significato ...
un lessico (in inglese) sul significato delle principali espressioni linguistiche di questa lingua
(non è sempre precisissimo, però serve). -
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The Matheson Trust
perennialisti americani. -
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un bel blog con degli articoli molto interessanti
ARKA - Traditio perennis.